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GEORGIA
(GEORGIA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 maggio 1995
 
di Ulu Grosbard, con Jennifer Jason Leigh, Mare Winningham, Ted Levine, John Doe (Stati Uniti, 1995)
 
Jennifer Jason Leigh
"Georgia (Mare Winingham, cantante vera) è la sorella pulita, quella alla quale va tutto bene. Se nel privato sfoggia marito nel genere comprensione massima, figlioli incamminati nello stesso senso, casa con Range Rover, frigo e pacchi di provviste, cane che sulla soglia abbaia festante, in quella pubblica, di vita, va altrettanto bene: star del country-rock, pubblico in delirio, stile di canto passepartout come il suo brushing, da manuale senza una piega.

L'altra, è invece Sadie (Jennifer Jason Leigh), voglia di fare tanta, e invece anatroccolo sfigato: perché frustrato nei confronti dell'impeccabile Georgia, perché meno graziato da madre natura dalle parti dell'equilibrio psicofisico, perché votata alla deriva, perché in definitiva ci trova gusto? Non lo sapremo mai: perché è proprio il bello di GEORGIA, quello di non cascarci nell'analisi da rotocalco. Nella biografia adesso te lo spiego io perché Janis Joplin, Billie ed altri magari anche meno artisti ma altrettanto poveri cristi, hanno finito per rimetterci regolarmente le penne.

Georgia canta nei maggiori teatri, mentre Sadie l'ascolta in lacrime tra i fan scatenati. Sadie s'aggrappa barcollante non sa se al suo microfono o al suo bicchiere, tra una scopata regolarmente storta e commoventi ammissioni para musicali di fronte ai quattro beceri della taverna. Fragile e determinata, ambigua nelle sue debolezze quanto luminosa nei suoi momenti di lucidità, inutile annunciare che Jennifer Jason Leigh è, come al solito, formidabile. Perché l'interesse, la sensibile curiosità di GEORGIA viene proprio dal fatto di non essere soltanto un film d'attori, non soltanto l'ennesimo ritratto dell'artista maledetto o l'ennesima constatazione dei guai causati dalla famiglia ti amo perché ti odio e viceversa: piuttosto un viaggio nel mistero della creazione, nell'incerto dei rapporti umani.

Certo, visto col misurino il film fa del surplace: ma non sarà proprio quello il suo merito? Che si guardi nello specchio o canti Van Morrison, Jennifer tira fuori tutta sé stessa: ma Ulu Grosbard (regista rispettato di teatro, cinque film in 25 anni di onorata professione) non si limita ad assisterla. Spezza gli schemini estetici con i quali Hollywood avrebbe banalizzato il tutto, lascia trascorrere il tempo necessario (solo l'esibizione-confessione di "Take me Back" dura otto minuti) per lasciare decantare temi ed emozioni."


   Il film in Internet (Google)

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